Ordinanza n. 22161/2024 della Corte di Cassazione: una nuova interpretazione giuridica
La recente ordinanza n. 22161/2024 della Corte di Cassazione introduce un’importante riflessione giurisprudenziale sulla configurabilità del mobbing sul luogo di lavoro. La Corte ha stabilito che il mobbing può essere riconosciuto anche in assenza di un intento persecutorio esplicito da parte del datore di lavoro o dei colleghi.
Questa pronuncia si colloca nell’ambito di un progressivo ampliamento della tutela dei lavoratori contro comportamenti lesivi della dignità e della salute psicofisica. Secondo la Cassazione, infatti, è sufficiente dimostrare l’esistenza di una serie di atti vessatori ripetuti e sistematici, i cui effetti cumulativi siano stati tali da compromettere la serenità e l’integrità del dipendente. Non è dunque necessario provare che tali condotte siano state dettate da un’intenzione esplicita di danneggiare la vittima.
Definizione e caratteristiche del mobbing
Il mobbing è definito come un insieme di atti ostili, ripetitivi e sistematici, diretti contro un lavoratore, che possono causare danni sia sul piano professionale che personale. Tra le azioni tipiche rientrano:
- Emarginazione lavorativa, attraverso l’assegnazione di compiti dequalificanti o inutili;
- Svalutazione continua delle competenze;
- Ostracismo o isolamento sociale all’interno del contesto lavorativo;
- Critiche e umiliazioni pubbliche.
La giurisprudenza ha a lungo dibattuto sulla necessità di dimostrare un intento doloso da parte degli autori delle condotte mobbizzanti. Con questa ordinanza, la Cassazione supera tale requisito, focalizzandosi sugli effetti oggettivi delle azioni subite dal lavoratore.
Le conseguenze della pronuncia
La decisione della Corte di Cassazione potrebbe avere ripercussioni significative, sia nel settore giuslavoristico che in quello assicurativo.
- Per i lavoratori, si apre la possibilità di ottenere tutela anche in situazioni in cui non sia possibile provare direttamente l’intenzionalità del mobbing.
- Per le aziende, aumenta la responsabilità nel prevenire situazioni di disagio e conflitto, attraverso politiche aziendali di inclusione, rispetto e gestione dei conflitti.
Inoltre, la pronuncia offre maggiore spazio all’intervento dell’Ispettorato del Lavoro e delle organizzazioni sindacali, che potranno sostenere le vittime sulla base di evidenze comportamentali piuttosto che di mere intenzioni soggettive.
Linee guida per la prevenzione del mobbing
Alla luce di questa sentenza, è cruciale per le aziende adottare misure di prevenzione che includano:
- Formazione specifica per manager e responsabili HR sui temi della dignità e del benessere lavorativo;
- Strumenti per monitorare il clima organizzativo;
- Procedure chiare per la segnalazione di comportamenti ostili.
Con l’ordinanza n. 22161/2024, la Corte di Cassazione rafforza la protezione dei lavoratori da forme di mobbing. La giurisprudenza evolve dunque verso un approccio più oggettivo, centrato sugli effetti delle condotte subite, anziché sull’intenzionalità di chi le ha poste in essere. Questo rappresenta un passo avanti nel riconoscimento dei diritti dei lavoratori, richiedendo alle aziende di intensificare gli sforzi per creare ambienti lavorativi sicuri e rispettosi.